Stupro, Cassazione: no aggravante se vittima si ubriaca di sua volontà.

Sentenza n. 32462/ 18 stabilisce che non sussiste l'aggravante dello stato di alterazione della vittima nel reato di violenza sessuale allorquando lo status sia stato volontariamente causato dalla medesima vittima e non sia stato quindi indotto dall'autore della violenza.


Ma vediamo nello specifico il caso:

La Corte di Cassazione con la sentenza n.32462/18 della terza sezione penale sottolinea che c’è «violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica» anche se la vittima ha assunto alcol volontariamente, visto che «in uno stato in infermità psichica», a prescindere da chi l’abbia determinato, mancano le condizioni per prestare un «valido consenso». Tuttavia, «l’assunzione volontaria di alcol esclude la sussistenza dell’aggravante», e il relativo aumento di pena, poiché «deve essere il soggetto attivo del reato» ad usare l’alcol per la violenza «somministrandola alla vittima». Quindi, «l’uso volontario, incide sì sulla valutazione del valido consenso ma non anche sulla sussistenza aggravante».

Cosa accade quindi quando una donna che ha volontariamente bevuto troppo alcool, al punto da non essere in grado di autodeterminarsi, è vittima di un abuso sessuale? Per la Corte di Cassazione non c'è dubbio che scatti nei confronti dei responsabili dello stupro la condanna per violenza sessuale, poiché le condizioni della vittima non costituiscono consenso al rapporto.

A conclusione diversa deve giungersi, invece, ove entri in gioco l'aggravante prevista dall'art. 609-ter, comma 1, n. 2, del codice penale: questa aggravante, infatti, non scatta laddove la vittima abbia assunto di sua spontanea iniziativa sostanze alcoliche, senza essere stata indotta dai suoi aggressori.

La Cassazione ha disposto,infatti, un nuovo processo su un caso di stupro di gruppo, nel quale la Corte d’Appello di Torino, nel condannare due cinquantenni, aveva applicato anche l’aggravante di «aver commesso il fatto con l’uso di sostanze alcoliche».

La pena di tre anni, loro inflitta, potrebbe essere ritoccata al ribasso. I giudici hanno stabilito, infatti, che se da un lato non si può sostenere che una donna ubriaca possa aver prestare un «consenso valido» ad un atto sessuale, ritenendo quindi i due colpevoli dello stupro di gruppo, hanno anche stabilito che, per applicare l’aumento di pena, l’alcol debba essere imposto contro la volontà della persona offesa. In questo caso i due uomini e una ragazza avevano cenato insieme a casa, lei aveva assunto una quantità eccessiva di vino, tanto da «non riuscire ad autodeterminarsi» e a ricordare pienamente l’accaduto. I due l’avevano portata in camera da letto e avevano abusato di lei.

La circostanza che la donna avesse volontariamente bevuto molto non mette in discussione, secondo i giudici, la responsabilità dei due per il reato in epigrafe, posto che le condizioni della vittima non costituivano un consenso ai rapporti sessuali.

Diversa è invece la conclusione quanto all'aggravante; infatti deve rilevarsi che l'assunzione volontaria dell'alcol esclude la sussistenza dell'aggravante ex art. 609-ter, comma 1, n. 2, c.p., norma che prevede l'uso di armi o di sostanze alcoliche narcotiche o stupefacenti (o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa).

Secondo i giudici "l'uso delle sostanze alcoliche deve essere, quindi, necessariamente strumentale alla violenza sessuale, ovvero deve essere il soggetto attivo del reato che usa l'alcol per la violenza, somministrandolo alla vittima". Invece, conclude la sentenza, l'uso volontario incide sì, come visto, sulla valutazione del valido consenso, ma non anche sulla sussistenza dell'aggravante.

In altre parole, secondo quanto affermato dai giudici, il fatto che la vittima avesse assunto sostanze alcoliche in piena autonomia, non rende gli uomini che hanno abusato della sua situazione di estrema fragilità responsabili dell'aggravante che è diretta a chi quella situazione di fragilità la produce.

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